Dal manifesto Ossesso nr. 3
di Gloria Deandrea
Ho conosciuto Besson qualche tempo fa, durante una piacevole colazione a Venezia, proseguita in un incontro con gli studenti del corso di Ezio Toffolutti, impostato su due pièce didattiche di Bertolt Brecht: L'accordo e Il volo oceanico. Sapevo che non avrei avuto di fronte un regista qualsiasi, ma piuttosto una testimonianza vivente di un modo specifico di fare teatro. Le mie aspettative si sono dimostrate esatte, e il carattere vigoroso e incisivo di Besson non ha tardato a manifestarsi. Ricordo un fisico lento nei movimenti, flemmatico, stanco e appesantito dall'età, lo ricordo in netta contrapposizione a uno sguardo attento e interessato, alla rapidità di pensiero, all'immediatezza di chi sa cogliere ogni parola, suono, gesto o tratto, con curiosità, conducendolo verso un punto d'osservazione specifico. Questo uomo della storia che nella storia ha vissuto, ha diretto con rigore e professionalità rappresentazioni elaborate su testi di elevata rilevanza sociale, politica e antropologica, come il teatro epico di Brecht, suo maestro, ma anche Shakespeare, Molière, Gozzi, i classici greci, e via dicendo. La forza di Besson, che lo ha accompagnato nel tempo, è stata la sua straordinaria capacità di trasformare ogni singolo elemento dell'azione teatrale in gioco, con la disinvoltura e l'ironia di chi sa giocare e ama farlo. Per questo è riuscito a staccarsi con decisione da rischiose etichette strutturali, privilegiando sempre il gioco e mai il mestiere di teatrante. Tale caratteristica, fondamento del suo percorso artistico, ha fatto sì che non venissero posti limiti a quella leggerezza tanto ambita, sempre più vicina al sogno, che non può e non deve essere scambiata per fatua superficialità. La facoltà di comprendere i fatti del mondo, il rispetto dell'uomo posto sempre in relazione alla sua appartenenza storica, il coraggio di rischiare, la volontà di essere presenti e portare il proprio contributo, la pertinenza nel divertire senza escludere amare riflessioni, il piacere con cui, in poche, concise, ma incisive parole è riuscito a dare indicazioni precise, il gioco, l'ironia, la leggerezza, sono le componenti determinanti che percorrono la vita di un uomo dalla personalità tanto complessa quanto estrema. Ricordo due tra le ultime rappresentazioni italiane: L'amore delle tre melarance di Gozzi e Il cerchio di gesso del Caucaso di Brecht, in cui le combinazioni sopra citate compaiono con efficacia. Di quelle pièce ho il ricordo nitido di onestà registica, di grande competenza e controllo, insieme generale e del dettaglio, di ogni elemento teatrale. Controllo che si amalgama perfettamente al lavoro attoriale, al ritmo di recitazione e ai gesti con cui gli attori esperti e ben diretti compongono la scena. Nell'intersezione di questi fattori, specifici dell'attività teatrale, esiste un margine estremamente sottile, fragile, transitorio, che costringe l'uomo di teatro ad assumere un ruolo di precarietà al limite col niente. Tale margine è il punto di equilibrio su cui restano in perfetta stabilità direttori dello spessore di Benno Besson. L'intensità e l'efficacia del lavoro di un regista così attento, derivano dalla forza nel mantenersi in equilibrio tra l'una e l'altra parte, e non rappresentano soltanto una semplice lezione per tutte le persone che di teatro si interessano, ma un singolare e profondo insegnamento sul modo di affrontare, con rigore e coraggio, ogni situazione teatrale differente. Ciò che Besson ha lasciato, è doveroso ricordare e altrettanto debito non perdere, è il piacere che si prova nel gioco del teatro. La calma apparente, dettata dalla consapevolezza di chi sa di aver portato un contributo importante e difficile da eguagliare, la burlesca resistenza, l'insolita facoltà di provare e, conseguentemente, trasmettere interesse nel fare teatro, sono consigli insieme di teatro e vita, di desiderio e realtà, di tangibilità e sogno. Perciò un grazie sincero a Benno Besson, ultimo maestro, salvo rare eccezioni, di una generazione che ancora poteva vantarne.
Immagini
quattro immagini di Benno Besson
in alto a sinistra un momento tratto dalle prove dell'Edipo tiranno di Sofocle, Spoleto, 1980
in alto a destra con Ezio Toffolutti a Venezia, 2005, in una fotografia di Petra Fröehmcke
in basso a sinistra con Ezio Toffolutti in taxi per i canali di Venezia